BONVECCHIO CLAUDIO Prefazione
Questo interessante, semplice e chiaro lavoro colma una carenza nella letteratura riguardante la Libera Muratoria: almeno in quella italiana. Infatti, non sono molti – in Italia – ad essersi interessati all’antichissima tradizione iniziatica del Marchio (era attivo in Scozia sin dalla fine del 1500) e ad averla praticata. Così come non molti sono in Italia coloro che conoscono, approfonditamente, il significato del termine «Marchio». Ossia cosa sono le Logge del Marchio e quale sia la loro importanza nel cammino di perfezionamento muratorio.
In proposito e per avvicinarsi all’argomento, si può definire il Marchio una sorta di «rito»: di rito sui generis, però. Ma, forse, è improprio chiamarlo – secondo l’uso ed il lessico delle Massonerie continentali e latine – un Rito: in quanto presenta un ridottissimo numero di Gradi di Perfezionamento. Ma, pur prevedendone soltanto due (quello del Mark Man e del Mark Master Mason), non per questo è meno importante, dal punto di vista esoterico, di altre forme di ritualità. Sarebbe, però, più corretto chiamarlo – e considerarlo – una Obbedienza perché di una Obbedienza ha tutte le caratteristiche fondamentali. Come mostra la sua stessa titolatura inglese: Grand Lodge of Master Mark Masons with its Districts and Lodges Overseas. Ma soprattutto il suo impatto simbolico che ne dà una immediata e complessiva immagine.
Non a caso, il gioiello che lo esprime – pur essendo una semplice pietra appesa ad un nastro azzurro argento e cremisi – rappresenta la «pietra di volta» del Tempio. Ciò che regge, cementa e salda – facendone un tutto unico – l’intera costruzione. Riportandone il valore simbolico alla Massoneria, significa il compimento della trasformazione operata dal «lavoro» muratorio: la chiave di volta di quell’uomo nuovo che aspira essere il Libero Muratore, il singolo Libero Muratore. Ed, infatti, il Marchio è particolarmente attento al singolo Fratello di cui vuole esserne in un certo senso «il sigillo».
D’altronde, il termine «marchio» altro non è che sinonimo di un «sigillo» personale. Dove sigillo, dal punto di vista simbolico, rimanda ad una identificazione: identificazione di un’opera d’arte come il capolavoro dei maestri delle antiche Corporazioni di Mestiere o identificazione di una vita, come il sigillo portato sullo scudo o sull’anello «alla chevalière» degli antichi cavalieri. Per questo, il Marchio si può considerare – nell’ambito della Massoneria speculativa – come l’espressione di un lavoro cavalleresco o, se si preferisce, di una cavalleria del lavoro, dove la cavalleria è l’aspetto illuminante ed il lavoro quello trasformativo.
Entrambi rappresentano – nella loro strettissima unione – il raffinato compimento non solo della scelta cavalleresca originaria, avvenuta con l’Iniziazione, ma anche della meta ultima del lungo lavoro dello sgrossamento della pietra. Un lavoro che vede in azione chi vuole essere operaio (il primo Grado del Marchio) per diventare poi, con il secondo Grado, veramente Maestro di una collettività iniziatica. Una collettività che lavora individualmente, ma in parallelo con gli altri: come si conviene alla pratica ermetica, tramandata dagli antient degrees. Come si conveniva alla Cavalleria e come era proprio degli antichi Maestri Muratori. Ẻ il motivo per cui, alchemicamente, i lavori delle Logge del Marchio avvengono con la cadenza e lo stile delle antiche Logge, di cui riprendono lo spirito, la profondità ed il respiro sacrale: delle parole, dei passi e dei gesti. Sono come il Sale che equilibra il Mercurio e lo Zolfo.
Come si può notare – già da questi brevi ed episodici cenni – lo studio storico, teorico, rituale ed esoterico sul Marchio che viene qui svolto, si rivela straordinariamente accurato ed intrigante. Ma il suo pregio maggiore non è l’erudizione massonica: che pure mostra – in maniera precisa e documentata – il lungo cammino del Marchio attraverso contese, diatribe, polemiche ed ostacoli di ogni sorta. Se così fosse – senza nulla togliere alla sua importanza per la Storia della Libera Muratoria – correrebbe il rischio di essere fine a se stesso: come troppo spesso accade. Lo scopo degli autori non è, infatti, quello di aggiungere un tassello alla lunghissima bibliografia massonica. E neppure quello di contribuire – in maniera narcisistica – alla «mise en forme» di un tassello di quell’intellettualismo massonico che sta trasformando lo speculativo in letterario e i Fratelli in professorini.
Gli autori vogliono ben di più. Mirano più in alto. Si propongono – tramite un accurato lavoro d’informazione storica – di rivitalizzare la Tradizione Massonica, proponendo una via antica e sempre nuova. Una via da fare propria e da interiorizzare: come mostra, significativamente, il capitolo sulla Ritualità del Marchio. Va da sé che la loro non è una impresa facile. Ma proprio questa è la «sfida» che lanciano gli autori. Si tratta di una sfida ambiziosa e coraggiosa di cui la Libera Muratoria italiana ha bisogno. Anzi di cui ha necessità e di cui l’introduzione, in Italia, del Marchio sarebbe una tappa importante. Per questo agli autori – Giovanni Domma e Daniele Mansuino – va il più vivo e sincero ringraziamento di chi crede che la Libera Muratoria non sia rigida e ossificata, ma vivace e dinamica. E pronta a rispondere alle sfide della società e degli uomini: per costruire un mondo migliore.
Claudio Bonvecchio
